Il concerto di stasera ha il suo filo conduttore nel suono dei flauti, dal barocco al rock: flauti di timbro vario, usati nei modi più diversi, ma con in comune il desiderio di far risaltare al massimo le potenzialità virtuosistiche dello strumento, di stupire il pubblico con musiche leggere e spumeggianti nelle quali l’agilità del più piccolo tubo sonoro della nostra tradizione abbia tutto lo spazio per dispiegarsi.

Il programma apre con Vivaldi, nella cui vasta produzione sono numerose le pagine dedicate al flauto, sia diritto che traverso. Il primo, di timbro dolce e rotondo anche nei ‘tagli’ più piccoli e acuti, nel primo Settecento era ancora considerato il padre nobile della famiglia strumentale, prediletto da gran parte dei compositori; Vivaldi si lasciò però conquistare anche dal traverso, o meglio traversiere, le cui possibilità virtuosistiche e il cui suono più penetrante (anche se era costruito in legno) lo rendevano l’analogo di una chitarra elettrica, affascinante ma non facile da prendere sul serio. Il maggiore sperimentatore di timbri del Barocco italiano forgiò sul traverso una scrittura basata proprio sulla chiarezza e l’agilità, contribuendo a farne uno strumento principe del solismo settecentesco: e di questa ricerca testimonia anche il Concerto in Do maggiore RV443 in programma, eseguito da Giovanni Antonini del Giardino Armonico, nel quale la tipica successione di tempi allegro-largo-allegro lascia spazio, nel movimento centrale, al colore delicato e solenne del ‘flautino’. Di tutt’altro carattere i due brani che seguono, il Concerto per due flauti e orchestra di Cimarosa e il Concerto per flauto e orchestra di Stamitz (del quale verranno eseguiti il secondo e terzo movimento): lo strumento è già pensato nell’accezione concertistica classica, nella quale il solista - invece di fondersi, quale primus inter pares, come nel Concerto barocco - si contrappone alla massa orchestrale, rispetto alla quale deve differenziarsi e caratterizzarsi fortemente. L’orchestrazione, sulla brillante tonalità di Sol maggiore comune ai due brani, ha un colore mozartiano, sul quale Cimarosa immagina una rincorsa tra due flauti gemelli (notare la Cadenza del primo tempo) guidata dall’istinto melodico dell’operista, mentre Stamitz gioca di più sul rapporto ‘galante’ di dialogo contrappuntistico tra il solo e l’orchestra trattata in guisa di quartetto d’archi.  L’Opera, intesa come tavolozza di temi famosi, è al centro dei due brani successivi: la Fantasia sulla Carmen, del compositore-flautista Borne, e la Fantasia sul Rigoletto, di Arthur Franz Doppler, anch’esso flautista virtuoso che, alla sua epoca, contendeva a Liszt - autore com’è noto di magnifiche Fantasie pianistiche da opere - il primato in questo genere adatto sia al salotto che alla grande sala da concerto, genere che richiede grande humour e abilità per tenere alta l’attenzione mentre funambolicamente si succedono e s’intrecciano i temi, che il pubblico con sua soddisfazione è chiamato a riconoscere. Dopo il Concerto a quattro in mi minore di Vivaldi, scelto per chiudere la parte classica con l’allegra vivacità dei quattro flauti solisti con raddoppi, Ian Anderson, storico leader dei Jethro Tull e primissimo flauto del rock, accompagnato da una session band e dagli archi, concluderà la serata con i celeberrimi Thick as a brick, Elegy e Bourrée (da Bach).

Luana Salvarani